ARTI VISIVE A SOMMA NELLA SECONDA META’ DEL ‘700
Che cosa dicono le opere d’arte del passato e cosa rappresentano oggi a riguardo dell’immaginario collettivo ?
E’ possibile che al di sotto di quello che vedono i nostri occhi, l’artista abbia celato un messaggio nascosto? In tal senso esaminare il significato delle arti visive costituisce il nodo da sciogliere a riguardo del patrimonio artistico delle chiese di Somma. Emblema tipico diventa il contenuto di quest’artico : l’analisi del repertorio visivo riguardante la Confraternita della Morte . E conta ancor di più decifrare le forme simboliche delle immagini scolpite sulla faccia esterna della congrega, attigua alla chiesa della Collegiata e soprattutto in ordine agli elementi visivi consentirà rilevare messaggi nascosti.
Occorre, dunque, far diretto riferimento alle figure del primo ordine e sui piedritti del vano d’ingresso: sono figure di teschi e femori incrociaci, che denotano, a dimensione civica, la funzione di uno spazio architettonico adibito a luogo di sepolture. Consequenziale è l’altare di questa cappella, quale tipico mon umento del tardo-barocco, in marmo , nelle mensole laterali ornamenti a tuttotondo in marmo: teschi e femori incrociaci, rappresentaci come un vero e proprio trofeo infiocchettato, secondo il diffuso gusto dell’effimero barocco. Inoltre, maggiormente sorprendono gli stessi simboli, iteraci per ben due volte nella balaustra e per questo avvicendamento, il motivo del teschio con femori incrociaci assume un significato ancor più arcano. Per meglio dire, questi “contrassegni” sono puramente convenzionali, poiché alludono alla celebrazione delle Messe di suffragio, ma tuttavia, resi sottoforma di emblema araldica, richiamano a loro volta un addobbo a festa, con ovvio rimando ai provvisori apparati da funerali. Oltre a ciò, un motivo visivo molto più affascinante si trova nella cimasa: un leone antropoide coronato e con le relative zampe reca eccezionali attributi allegorici, l’arco di destra è poggiato su un’armatura, per meglio dire un elmo, quello di sinistra reca un fascio d i fiori stilizzaci, probabilmente delle rose. La chiave di questi simboli, consiste nell’ utilizzo di elementi della natura, per esprimere profonde nozioni religiose. Il “leone” è la forma simbolica di maestà, coraggio e giustizia. Ecco perché, a partire dal medioevo, i troni dei sovrani erano ornati con figure leonine, poiché la prerogativa dei re era amministrare giustizi . Ma altrettanto evidente, il leone è meta ora della giustizia ecclesiastica e quando delle figure leoni venivano appositamente collocate nei punti dell’esterno di alcune chiese si voleva alludere direttamente al senno di giudizio divino. Nel complesso, anche gli altri due attributi, sono pertinenti simboli religiosi, ad esempio l”elmo”, già presso gli antichi greci, costituiva metafora del dolce riposo dei Campi Elisi, in quanto Ade, la divinità di questo regno, era giustiziere implacabile ed aveva, come segno distintivo, un elmo che era stato forgiato dai Ciclopi.A sua volta la “rosa’, nella tradizione cristiana, aveva assunto il valore simbolico del calice, ovvero metafora di quello che aveva raccolto il sangue del Salvatore, fin, addirittura, ad essere una rappresentazione simbolica del Santo Graal .Così stante, la parte più specificamente popolare, della comunicazione figurativa di questo monumento viene affidata al pavimento, che consiste in una calda stesura di cotto sul quale spiccano pannelli in maiolica, un lungo fregio ad ornato vegetale e scene di vita, resi con spigliata tecnica pittorica compendiare propria della ceramica napoletana del ‘700, del tutto organico alla funzione di questo luogo di sepoltura. Invero, considerata la complessità dell’ impiantito, l’economia di questo saggio non consente avviare uno studio più mirato perciò lo rimanda ad un altro successivo articolo.
A quanto detto fin qui rispetto alle arti visive della Confraternita del Pio Monte della Morte, va posta in rilievo anche la notevole portata simbolica dei quadri che si trovano nella relativa cappella . Dal momento che il piano complessivo di decorazione di quest’oratorio, comprendeva un organico insieme di dipinti su tela: vicino l’altare i due quadri alle pareti laterali, pur sempre in linea ai simboli e segni prima decodificati. E occorre precisare, che il compito di pianificare il contenuto religioso di queste tre opere sarà stato di esclusiva pertinenza dei canonici della Collegiata, in quanto preposti ad officiare in questo luogo di culto dei morti.
IL “PURGATORIO” NELLE TELE DELLA COLLEGIATA
In che modo nel XV secolo la raffigurazione della Madonna utilizzò il tema antico della lattatio, quale tipologia prima del concetto delle Grazie profuse dalla Vergine e come questa stessa tipologia si evolse in un altro modello mariano, quella della ostentatio uberum, nell’ultimo quarto dello stesso secolo, si trova eccezionalmente do cumentato negli affreschi superstiti della cripta di S. Maria del Pozzo. Resta da precisare come questo processo iconografico poggia su una linea evolutiva socio religiosa che vede il culto mariano, nel Meridione, svilupparsi e diffondersi nell’arco del XIV e XV secolo; principalmen te per l’azione, assidua e capillare, degli ordini religiosi, in particolare quello francescano che, proprio in S. Maria del Pozzo, aveva una delle sedi più prestigiose . Ora legare le motivazioni storico-sociali di tali raffigurazioni alla ricettività devozionistica espressa in un ambito limitato, ma ben distinto, come quello della città di Somma, diventa per noi un motivo interessante di “verifica sul campo”, con risvolti sicuramente proficui e non privi di fascino. Si tratta, in effetti, di applicare un metodo di indagine – già sperimen tato altrove – alle strutture religiose di questo centro vesuviano, per scoprirvi le motivazioni di fondo (antropologico religiose) che danno senso ad una devozione mariana particolare, legata a sua volta all’universo cultuale dei morti.
Nel precedente citato articolo abbiamo visto come una delle dinamiche evolutive di questo tema iconografico mariano è rappresentato dal l’at tributo elargitivo del refrigerium: infatti, a par tire dal prototipo ideato da Angiolillo Arcuccio, intorno al 1470, diffusosi subito in ambito campano (uno di questi pri mi documen ti lo trovia mo proprio a Somma, nella cripta di S. Maria del Pozzo), si riscontra soltanto questa tipologia del la Madonna delle Grazie, che vede la Vergine stringersi il seno, aiutata quasi sempre dall’infante Gesù ed entrambi rivolgersi verso il basso, dove si trovano le anime dei purganti .Ma, verso la metà del secolo successivo, questo impianto iconico, alla luce delle nuove istanze post-tridentine e sotto le spinte delle specifiche variazioni distintive volute dagli ordini religiosi, concorrenti tra loro (lo scapolare per i Carmeli tani, il cingolo per i Francescani e il rosario per i Domenicani), diventa più complesso ed ar ticolato. A tale proposito può essere citata, come esem pio, u n’opera attribuita a Carlo Sellitto, proveniente da Melfi, ed esposta alla Mostra “Civiltà del Seicento a Napoli “.Troviamo, infatti, da questo momento in poi opere che enfatizzano l’atto misericordioso di Maria, non più sintetizzato dal seno scoperto – che resta talvolta anche pudicamente celato – ma attraverso una complessa impostazione reto rica, che vede la Vergine integrata nella gerar chia celeste, tra Cristo e il Padre, coadiuvata, nel suo esercizio d i carità, dall’arcangelo Michele, o dagli Apostoli, oppure dai santi Patroni, tutti protesi verso la parte inferiore del quadro, indicante il luogo sotterraneo ed infernale, dove il partito delle anime purganti diventa sempre più emergente e vasto.Ci troviamo infatti nel pieno trionfo delle istanze barocche, che mirano a coinvolgerlo.
spettatore con una scenografica e teatrale “macchina” figurativa. Tale è la novità iconografica che, per distinzione, si usa il titolo di Madon na del Suffragio. A proposito, va citata la notissima tela di Massimo Stanziane, dal 1630 e.a, per la chiesa del Purgatorio ad Arco a Napoli: un vero modello figura tivo per tan te opere simili per tu t to l’arco del secolo.
In tanto il precedente impianto iconografico primo-cinquecentesco non si esaurisce del tutto, esso continua a persistere, particolarmente in provincia. E guarda caso, un documento di tal genere lo troviamo proprio a Somma: la tela tardo-seicentesca della Madonna delle Grazie, posta nella sacrestia della Collegiata. Quest’opera, pervenutaci assai manomessa, non reca pi ù nell a parte inferiore la preesistente immagine del Purgatorio – sebbene lo schema compositivo dell’insieme la l ascia chiarament e intuire – per ché cancellata da u n posticcio e piatto strato di colore scuro.
Tra i protagonisti maggiori, d i questa bel la stagione cul turale, va nno citati Andrea e Domenico Antonio Vaccaro; e proprio al linguaggio giovanile di quest’ultimo, ci pare di associare dipinti sommesi che stiamo considerando. Infatti, essi sul piano del linguaggio formale si presentano come pervasi da intensa vena drammatica, messa in evidenza da forti caratteri luministici e da vigoroso plasticismo. Appunto come, negli anni Novanta, si caratterizzava la pittura del giorno-
Fig. 2 – Il Giudizio
Fig. 3 – Madonna delle Grazie
Fig. 4 – Celebrazione Eucaristica
(Foto R
Ma il docu mento barocco locale d i maggiore
im portanza – non soltanto per Somma – ded icato al tema iconografico del Purgatorio, lo troviamo proprio nella Collegiata. Si tratta dell’intero insie me di pi ttura e scultura che connota la seconda cappella a sinistra. Ad ornamento dell’altare c’è una interessan tissima tela (fig. 3) che u nita ad al tre due laterali – costituisce, per il suo conten uto, la “sum ma” figurativa di t u tto quanto teologica mente era stato elaborato, intorno al culto delle anime del Purgatorio, nel secolo XVII (7).
Questa cappella fu eret ta intorno all’ultimo decennio del Seicento ed esprime, attraverso lo svolgimento del tema pittorico (ma anche con t u t to l’apparato decorativo, che va dai marmi dell’altare, alle balaustre e alla scultura lignea del Cristo morto), u na forte connotazione “pro defuntis”.
L’ancora ignoto pi ttore d i queste tre tele si mostra assai aggiornato a quan to, in quegli anni, si andava prod ucend o nella Capitale. Si tratta dell’a pplicazione di una delle più schiette form u le del barocco napoleta no, venuto a maturazione
-
sulla base d i complessi intrecci cul turali – in torno alla metà del secolo XVII e che continua fino alla soglia del XVIII secolo.
Nella tela centrale, quella posta sull’al tare d i questa cappella, l’autore, nell’aver associato due santi (nel caso specifico Andrea Avellino e la Maddalena), alla Madonna nel ruolo di dispensatrice di Grazie, fa presupporre una consapevole ripresa d i u n modello iconografico in trodotto a Napoli, intorno alla metà del Cinquecento, da un campione del ma nierismo toscano: Marco Pino da Siena (9). Così il forte plasticismo delle figure dei purganti che, sebbene trattato con i modi “tenebrosi” alla Ma t t ia Preti (altra caratteristica della pit tura giovanile di D. A. Vaccaro), presen ta particolari anatomici di notevole consistenza di segnativa, che va poi, via via, stemperandosi nella parte alta d ella composizione, fino ad accert dersi d i colore nel particolare della veste della Mad onna. Anche nella tela d i sinistra, la straordinaria figura dell’angelo ribelle, è resa con vigoroso scorcio prospettico, dal quale si evidenzia an che u na indu bbia ascendenza riberesca, come pure per la figura di madre con bambino della tela di destra.
Fig. 5 – Particolare balaustra
Fig. 6 – Tabernacolo
Fig. 7 – Porticina della custodia
Questo assunto religioso lo si evince, ancor meglio, dalla tela di sinistra, dove appunto è raffi gurato il Giudizio (fig. 2) con la centrale figura di San Michele nell’atto di cacciare, inesorabilmente e senza speranza, all’Inferno i reprobi (adombrati nella figura dell’angelo ribelle). Suoi attributi sono la spada, lo scudo e la corazza, che connota no la potenza di Dio e la Sua infallibile (ma irata) giustizia, dalla quale si può sfuggire soltanto con l’operatio boni, durante la vita. L’opera acquista così il significato di u n vero e propric1 monito per i fed eli e, in particolare, per i congregati che si da vano rad uno in questa cappella .
La terza tela, quella di destra (fig. 4), rimanda lo spettatore ad un diverso polo semantico, op posto e complementare al primo. Infatti, si con frontano il Giudizio finale e la dimensione terrena, nella quale si gioca il destino di salvezza di ogni uomo. In questa terza tela, infatti, a comple tamento d el ciclo tematico, è rappresentato un consueto interno d i chiesa nel momento della celebrazione eucaristica, con la devota e passio nale partecipazione dei personaggi raffigurati, tra cui quella di San Andrea Avellino, così come
vote indicate dalla Chiesa.
Questa cappella, per il grosso spessore retori co che esprime, non rimanda affatto all’idea d i un semplice prodotto legato all’atavico e popola re culto dei morti, anche se legata alle pratiche religiose di u na Congregazione laica (12), bensì a un preciso ed articolato progetto per la veicola zione (attraverso immagini) del pensiero Jfficia le della Chiesa seicentesca in materia di esisten za ultraterrena e di “buona morte”. Anzi, proprio l’invito alla meditazione sulla morte, intesa come memento mori per ogni singolo fedele, ricco o po vero, risulta pressantemente espresso nell’appa rato figurativo di questa cappella, con il gusto tutto barocco della ostentazione del macabro: te schi e tibie sono raffigurate un po’ d’ovu nque, su i marmi dell’altare e su quelli delle balaustre (figg. 5 e 6). Ma l’invito alla meditatio mortis risul ta ancor più rafforzato dalla collocazione della, già citata, scultura lignea del Cristo morto (fig. 8) nel vano dell’altare, quale precisa allusione al se polcro e alla pratica della sepoltura come desti no ineluttabile di ogni essere u mano.
Non va, infine, sottovalutato l’interessante pannello a sbalzo della porticina della custodià
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Fig. 8 – Scultura lignea del Cristo morto ( Foto R. D’Avino).
d’altare (fig. 7), anch’esso databile, come i marmi, nel primo Settecento. In esso troviamo, ancora u na volta, raffigurato il motivo iconografico del Purgatorio, con una sostanziale variante: la fi gura di Cristo risorto – con la Croce trionfante alla sinistra – sostituisce quella abituale di Ma ria. È una variazione importante sul piano ideo logico-religioso, in quanto si rifà a un dato teolo gico molto sentito in ambito francescano nel Quattro-Cinquecento, quello cioè dell’associazio ne del Sangue di Cristo al Latte della Vergine nel “Giudizio di misericord ia”, che poi si rivela qui ancora attuale, in pieno Settecento.
Ecco spiegato, in questa piccola opera (godi bile anche sul piano formale), il significato fi gurativo delle gocce d i sangue che dal costato di Cristo si riversano sulle anime purganti, con lo stesso risultato di refrigerio del latte di Maria nell’iconografia della Madonna delle Grazie.
Attraverso l’eloquenza originaria del suo pre gnante messaggio – conservatasi miracolosamen te fino a noi – questo monumento sommese testi-
mania uno spaccato di storia religiosa che tra scende il dato locale per situarsi come punto d i riferimento in un quadro storico di ben più am pio respiro (come abbiamo cercato d i argomen tare), che vede la Chiesa merid ionale del Seicen to collocarsi funzionalmente tra esigenze di culto del popolo e istanze regolatrici provenienti d al l’alto (10).
Questa cappella, in sintesi, va considerata quale notevole esemplare, appartenente al patri monio artistico di Somma, della cultura barocca. Infatti, risultano evidenti i tipici caratteri co
municativi di detto stile, che hanno come finali tà il coinvolgimento emotivo del fedele e nel contem po la sua sollecitazione sul piano religio so, secondo i dettami della Controriforma. Risul tano perta nto, in chiavi altisonanti, i valori spiri tuali del “memento mori” e del “fine ultimo”. consi derati, a ragione, i principi della laica! Confrater nita della Morte, committente di questa presti giosa opera.
Antonio Bove
GLI AFFRESCHI DEL PIO MONTE DELLA MORTE NELLA COLLEGIATA
La com mi ttenza di quest ‘opera proviene da u na confraternita sorta proprio al l a metà del XVIII secolo, in piena età della Controriforma.
In effetti, i l laica] Pio Monte della Morte e Pietà costituisce u na tipica congregazione dell’epoca, con finalità di completa dedizione a l le opere di misericordia: tanto per soccorrere alle necessità di cittadini quanto per suffragare alle Anime del purgatorio.
E i pri mi fondatori, i n tu tto u na decina di gen tiluomi ni della Terra di Somma, furono spinti da u na tenace devozione al cristia no culto dei morti, hnvendono riguardo alle miserie estreme et calamità g randi, nelle quali sono venute le persone di detta Terra, massime doppo le popolari revolutioni, che gran numero si sono ritrovatimortidifame per la campagna senza ricevere li Santissimi Sacramenti … quanto infarli administrare li Santissimi Sacramenti efarli poi christianamente sepelire; han determinato di communi inspiratione erigere e fondare una cong regatione seu Compagnia della M orte, sotto il titolo di Santa M aria delle Gratie in una Cappella dentro la Chiesa Collegiata di d.a Terra (1).
E appu nto, gl i aff resch i del rela ti vo succor po rispecchiano istanze post-tridentine e il contenuto di questa decorazione, sostanzial mente, corrisponde alle fi nali tà che si erano poste i fondatori, ovvero la formazione, a riguardo dei fondamentali valori dell ‘amore cristiano, di una specifica classe sociale ben abbiente e sorretta da alti redditi .
E d i q u est a tem peri e cu l t u ra l e, c he occorre sottoli neare laccentuata esigenza di aver vol uto creare una
maestosa struttura per il cu lto e nel contempo aspettarsi dal l a pi tt u ra u n ‘azione ri vol ta a pers u adere l ‘intera comu nità dei credenti, prescindendo dal loro stato sociale o del livello cul tu rale raggi u nto.
La configu razione architettonica di q uesto spazio sotterraneo consiste i n u na scansione a due va ni para lleli con sviluppo longit udi nalmente al vano d’ingresso.
I caratteri morfologici, precipui a quel li i nterni, sono ri portati nella facciata esterna, la scala e portale i n piperno caratterizzano fortemente l ‘immagi ne di questa strutt u ra, segnata dai sim boli ufficiali del la congrega: i l teschio sovrapposto a due ti bie incrociate.
Inoltre è significativo notare come i due pri nci pali vani interni sono strutturati in campate e ne consegue quindi u n asset to a nava te, che rich iama u na tipologia quasi basil icale.
Ovvero si tratta di i n u n preciso riferimento ai dettami del Concili o di Trento i n materia di architettu ra sacra: la creazione di u n unico ambiente, come ampia sala, dove le sacre fu nzioni vengono svolte senza che altri elementi architettonici ostacoli no la vista dei fedeli raccol ti (3).
In defi ni tiva, quello che pi ù importa studiare è la vasta portata dei contenu ti della decorazione pittorica di q uesto spazio, che corrisponde a u n ben preciso progetto iconografico, u n “contin u u m” di figurazioni , dall ‘ingresso alla zona absidale, tu tte finalizzate alla rigorosa esposizione dei pri ncipi cattolici.
Quest’opera, pu r resta ndo u na delle più i nteressanti espressioni dell ‘arte sacra a Somma, è forse oggi la pi ù
appassiona nte e nel con tem po negletta; i n quan to non occone considerarla u na mera decorazione pittorica, volta a vi vaci zzare u no spazio sotterraneo poco i l l umi nato, ma è soprattutto u n ciclo pi ttorico che deve essere resti tu i to a I l ‘ atten zi one d eg l i stu d iosi , tratta ndosi di u n col to linguaggio forma le, ti picamente rococò (4)
Così, proced iamo in ordine a u na sistematica analisi iconologica, i n tesa come stud io attento del conten u to rel igioso, storico e sociale dell’opera (5).
In nanzitu tto, occorre sottolineare che i l “percorso” d i lettu ra ha i n izio appu nto dall’atrio, ove u na conseguente raff igu razione è posta nel l’intradosso del l a vol ta, e che diventa la chiave d i lettu ra dell’intero progetto iconografico del ciclo decorati vo.
Il conten u to potrebbe consiste in u n notissi mo tema evangelico: la cena in casa di Simone il lebbroso (Mt. 26, 6 – 12) per cui si voleva richiamare lattenzione su u na delle sette opere d i misericordia: seppellire i morti ; oppu re tra ttarsi d ell’ ultima cena, se si considera no i ben evidenti simbol i ci oggetti su l tavolo, riguardanti il sacra mento de I l ‘Eucaristia.
In ogn i caso, dov rebbe consistere i n u na pi ù ampia tematica del l a pastorale cattolica, s’intende cioè ravvisarvi, simbolicamente, la sconfitta dell’eresia l u terana (6).
A conferma del le tesi su lla salvezza, ovviamente in cont ra pposizione al pensiero protestante, contri buisce il progra mma iconograf ico del ciclo cri stologico della decorazione di questa navata.
Si procede con ord i ne segu end o i l raccon to evangelico:Cristo in agonia, La flagellazione e L’andata al Calvario.
Queste figu razion i, nel loro significato profondo,
espri mono la real tà e la veri tà del la condizione u mana; cosìché “protagon ista” del racconto è anche ogni fedele astante.
Sono i mmagi ni tocca nti e sconvolgenti , che per intenderle appieno occone soffermarsi con u n ‘ anal isi più attenta dei particolari, fi n a coglierv i l a considerevole portata di real ismo, inteso come addentellato alla corrente caravaggesca del la pi ttu ra napoletana del ‘600 .
Si nota subito l’impi anto figu rati vo particolarmente singolare, u na impostazione iconografica più spinta rispetto a quelle degl i a l tri d i pi nti di questo ciclo, rivelando appieno valori stilistici, propri del!’ intensa stagione del barocco napoletano.
Cosi i l conten u to di questo pannello ad affresco, posto i n asse al presbi terio, finisce per avere, addi rittu ra, l a funzione d i cona d ‘alta re, i n qu an to il suo attraente conten u to, relativo al la Passio Christi, è compend i o a l sacrificio del l ‘altare.
In realtà, la rappresentazione dei drammatici episodi, accadu ti lungo il percorso che Gesù compie per raggi u ngere i l Ca l v ari o, sono t u tti agevol men te l eggi bi l i e pi ù didatticamente efficaci.
Vale d u nq ue la pena d i procedere i n u na lett u ra dell’opera nei minimi dettagli, che mettono insieme centrati motivi riguardanti l a sana devozione del la Via Crucis .
La scena centrale, soprat tu tto, consiste i n u n di retto ri mando alla “terza stazione”: Gesù cade sotto il peso della croce e su l l a dest ra i n basso si ri ma nd a al la “qu arta stazione”: Gesù incontra sua Madre, poi , in alto a sinistra, v iene richia ma ta la “qu i nta stazione”: Simon Cireneo
costretto ad aiutare Gesù sfinito a portare la croce e infine, nell’angolo destro, in basso, troviamo, leggibilissima, la “sesta stazione” (la cosiddetta pietà di Veronica), dove si narra la vicenda del la donna che asciuga il volto di Gesù con i l suo sudario e come questi la premia effigiando subito il suo volto sul lino.
È questo episodio, uno di quei racconti sacri atti a sollecitare particolarmente la fantasia popolare.
La devozione alla Veronica è, ancor oggi, molto sentita nell ‘area vesu viana: sovente viene invocata nei pericoli pi ù gravi e i n caso di ferite e, i nol tre, risu l ta protettrice di diverse attività u mane: è patrona delle sarte, del le lavandaie, dei tessitori e dei mercanti di stoffa .Insomma , il dipinto And ata al Calva rio , ha “funzionato” in tutte le sue valenze di traslato religioso con piena adesione all’immaginario popolare, un vissuto di fede come ri medio efficacissi mo ai peccati e soprattutto come arricchimento delle indulgenze per il suffragio delle anime del Pu rgatorio.
Infine è importante notare, come alla Passio Christi, ven gano configu rate anche le a l tre decorazioni , che campeggiano nell ‘entradosso dei corrispettivi archi delle campate.
Sono effigiati angel i in volo che recano strumenti della passione di nostro Signore, ovvero i simboli dell ‘anna Cristo, quali specifici attribu ti che rimandano al model l o iconografico del Giudizio universale.
Fi n qu i le considerazioni iconologiche, intanto è opportu no dare molto rilievo al ruolo del l a committenza e cercare di col mare, con u no studio successivo, la lacuna che riguarda ancora il nome dell’au tore di questa complessa decorazione ad affresco, sostanzialmente u n interessante docu mento della religiosità popolare di Somma.
L’aspet to p1 u specifico del ciclo pi ttorico, di q uesto
sotterraneo vano, adibito a l uogo di culto e sepoltura, è l’im pianto iconografico: un attento progetto di comu ni cazione visiva, appositamente finalizzata al memento mori.
Ma quello che più importa sottolineare è l’interazione che viene a crearsi con l’organismo architettonico.
In tal senso, la sequenza del le figurazioni diventa innanzitu tto articolazione logica del la cavità spaziale, quale pulsione e vibrazioni cromatiche per u n vano sotterraneo, poco illu mi nato.
Tuttavia è particolarmente interessante notare come l’autore abbia procedu to con maestria al “montaggio” del programma iconologico, inteso come una ben articolata filza di soggetti sacri, che vanno dall’ingresso all ‘abside. Conta ancor di più ri levare come questo iterpittorico,
subito dopo il vano d’ingresso, ha come fase iniziale un’apposita figurazione, che per specificità, addirittura potrebbe essere defi nita i l frontespizio dell’i ntera opera.
Con si ste i n u n r i q u ad ro monocroma to, mo l t o descrittivo; domi na u na popolare immagine della morte, che riesce ad avere la ca paci tà di far medi tare sull’ ineluttabile destino del genere u mano.È un invito alla considerazione della miseria u mana e della infinita bontà misericordiosa di Dio.
E in tal senso, efficace si rivel a il sottotitolo in latino: Omnia vincit et nemini parcet, (la morte) “vince ogni cosa e nessu no risparmia”.
A parte altre considerazioni, l’ideologia sottesa a questo ciclo d’affresco è definibile: efficace strumento di scienza della persuasione, ovvero documento del le nuove struttu re pastorali e cultural i, elaborate, per le prime generazioni di eccl esiastici post-triden ti n i e nel lo specifico i l col to Capitolo della Collegiata (10).
E pur vero che, appu nto sotteso a questi pri nci pi, lo statuto della Congregazione del Pio Laica! Monte della Morte – redatto i Ipri mo gennaio del 1650 – si rifaceva al criterio socio-religioso, della “buona morte”.
Nel l ‘atto originario, con immediatezza, si legge: Le
miserie estreme et calamità grandi, nelle quali sono venute le persone di detta Terra….. Che gran numero di loro si sono ritrovatimortidifame per la campagna senza ricevere li Santissimi Sacramenti oltre l’averli più volte fatta la elemosina, e data soccorso alli loro bisogni estremi, tanto in mantenerli, quanto in farli administrare li Santissimi Sacramenti e farli poi christianamente sepelire ( 11).
E, dunque, siffatte affermazioni sono sottese ai contenuti dei grandi riquadri, che si trovano nelle vol te delle campate, in cui è suddiviso questo spazio seminterrato.
Infatti, per pri mo troviamo la Morte di San Giuseppe:
u na raffigu razione molto ricorrente nell ‘im maginario popolare sacro, che i n modo indubbio è figura dell’aspirazione alla buona morte.
Ovvero, q uesto model lo iconografico ha fi nal i tà rassicu rante, aver vicino nel fatale momento Cristo, la Santa Vergine e addirittura il proprio Angelo custode, il dramma
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de.I la morte si accetta e tanto che, paradossalmente, i mistici del l ‘epoca anivavano a paragonarlo alle gioie del!’amore . Coerente con questi valori troviamo anche i l riquad ro della campata successiva: La morte della Vergine , u n’opera che ripropone u n modello iconografico molto
più antico.
Rispettando le rigide direttive controriformiste, i n materia d’iconografia sacra, la Vergi ne Maria è raffigurata d istesa su u no spogl io giacigl io, con le braccia incrociate sul grem bo, attorniata dagli Apostoli e dalla Maddalena,che ne vegliano il corpo con u na profonda compassione.
E’ appu nto in q uesta scena vengono contemplati tu tti i pri nci pi archeti pal i del l a morte; si vuole al l udere ai compl icati sim bol i della nostra fede.
Tant’è che, già a parti re dal l ‘età paleocristiana, molti ri tual i fu nebri si servivano di sim boli per rassicurare i superstiti, indistintamente dal loro grado di formazione religiosa, circa i l mistero della salvezza , i nteso come nasci ta, morte e rinascita .
In tale percezione i l teschio – logo ricorrente della Congrega del Pio Mon te dell a Morte – d iventa anche simbolo del sole morto: inizio e fine di ogni principio vi tale, senza i l q uale non sarebbe possi bi le la vita eterna e l a resu rrezione.
In linea con q uesti valori, u n particol are interesse è espresso d a ll ‘ev i d en te si m bol i smo d i u na plast i ca conchiglia, affrescata i n u n pu nto nodale, al vertice di u n ampi o arco che mette i n comu nicazione le due navate dell‘invaso spaziale e che d à vi ta all a complessa e dinamicizzata pianta del!’ intero ipogeo. Soprattutto, è importante osservare, come l’effigie del mollusco esprime un simbolismo ambivalente, come tutti i maggiori archetipi, si presta a molteplici raffigu razioni della natu ra generatrice: espressione di u na ben precisa dimensione dell'”ambiguo” , quali avanzi pagani e bassa magia cerimoniale .Ancora una considerazione: l a figura della conchiglia, oltre ad essere motivo ricorrente dell’ età barocca, i n effetti , assu me anche fattezze tattili; tanto da lasciar credere che, a questo pu nto, si tratta di u n li nguaggio formale proprio d’incipiente gusto neoclassico .
Infine occorre riportare, a convalida di quanto s’è detto fin qui, il colto contributo del Capitolo della Collegiata, a riguardo della formulazione del ciclo d’affreschi.Effettivamente, nella rigorosa stesura della iconografia, assu me spiccata valenza religiosa i l ri porto d i l u nghe didascalie: iscrizioni i n lati no che si estendono, i n larga parte, dal sottarco ai piedritti e vari invasi di raccordo angolare.E dunque, per far emergere appieno, i l valore d ì quest’altro aspetto dell’affresco, occorrerebbe anche u n apposito studio, ma nel contempo ci soffermeremo a dar ril ievo ad u na sola di q ueste dicitu re: l a più em blematica, quel la che si trova nella vol ta absidale, e che i nizia così: Uhi est victoria tua … (Dov ‘è la tua vi ttoria …) che pu rtroppo, come le tante a l tre, si presen ta largamente frammentaria nel testo, però si riesce a darle u n certo senso risal endo alla fonte: le Sacre Scritture.E queste didascalie, sebbene lacunose, tuttora riescono ancora a svolgere la precipua funzione di memento, a riguardo del destino dell’uomo; arrivando a connotare, l’intero ciclo d’affreschi, a una ben precisa dimensione escatologica, tanto partecipata dal Capitolo della Collegiata di Somma.